AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Autonomia differenziata?
Possibili autonomie alle regioni a statuto ordinario sono previste dal terzo comma dell’articolo 116 della
Costituzione, che sottolinea come possano essere attribuite “con legge dello Stato su iniziativa della
regione interessata”. Un articolo mai attuato, soprattutto a causa delle grandi differenze economiche e
sociali tra regioni, che rendono particolarmente delicata, e potenzialmente dannosa, l’approvazione di
leggi in questo senso. Gli studiosi ne contestano sia gli aspetti tecnici, sia i possibili effetti sociali
estremamente negativi e in grado di aumentare le disuguaglianze a livello inter-regionale e spaccare in
due il paese. Questa legge è voluta fortemente dalla Lega - Zaia – Calderoli che vedono in essa maggiori
sviluppi regionali.
Alcuni quotidiani, l’hanno definita “la secessione dei ricchi”, perché andrebbe ad assicurare molti più
finanziamenti alle regioni del Nord, che già dispongono di maggiori risorse rispetto a quelle del Sud.
Secondo il disegno di legge, c’è un anno di tempo per decidere i Livelli essenziali di prestazioni “c.d.
Lep”. Il guaio sta nel fatto che le regioni potranno formulare un’intesa anche senza il decreto del
presidente del Consiglio che dovrebbe stabilire l’entità dei Lep, distribuendo così i finanziamenti in base
alla spesa storica della regione nell’ambito specifico in cui chiede l’autonomia. Ma quali sono gli ultimi
dati economici regionali? La spesa pubblica pro capite è pari a poco meno di 19.000 euro in Lombardia,
viaggia sui 16.000 in Veneto, mentre si ferma a poco più di 14.000 in Sicilia, in Calabria a 15.000, in
Campania a 13.700 euro. Pertanto il finanziamento della maggiore autonomia prefigura un drenaggio di
risorse a favore delle regioni economicamente più forti.
In sintesi, la proposta di legge di attuazione presentata da Calderoli apre la via da un lato alla
frammentazione del paese in repubblichette semi-indipendenti, e dall’altro a un sicuro aumento delle
diseguaglianze e dei divari territoriali, tra cui in specie quello strutturale Nord-Sud.
In effetti, se non vi dovesse essere eguaglianza sostanziale tra regioni, l’autonomia differenziata, una
volta concessa secondo l’art. 116 Cost. (riforma del titolo V prevista dalla legge cost. n. 3/2001), sarà
potenzialmente irreversibile, giacché l'attribuzione di tali forme rafforzate di autonomia deve essere
stabilita con legge rinforzata, che, dal punto di vista sostanziale, è formulata sulla base di un'intesa fra
lo Stato e la Regione interessata, acquisito il parere degli enti locali interessati, nel rispetto dei princìpi
di cui all'art. 119 Cost. in tema di autonomia finanziaria, mentre, dal punto di vista procedurale, è
approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti. L'attribuzione di autonomia
differenziata non ha mai trovato completa attuazione. Questo perché il processo di determinazione
dell’autonomia differenziata si fonda sostanzialmente sulle intese stipulate fra il Governo e la Regione
richiedente. Una volta raggiunta l’intesa, il Parlamento non può modificarla, può solo approvarla in
blocco o rigettarla. Una volta deliberata la legge che approva le intese, non può essere sottoposta neppure
a referendum abrogativo. L’art. 117 della Costituzione precisa che spetta alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato la “Determinazione dei Livelli essenziali delle Prestazioni (LEP) concernenti i
diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Sono passati oltre venti
anni e questa funzione non è stata mai esercitata.
Se dalla determinazione dei LEP deriveranno nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, si
potrà procedere al trasferimento delle funzioni solo dopo i provvedimenti legislativi di stanziamento
delle risorse finanziarie coerenti con gli obiettivi programmati di finanza pubblica. Inoltre, se dopo la
data di entrata in vigore della legge di approvazione dell’intesa, siano modificati i LEP col relativo
finanziamento o ne siano determinati ulteriori, la Regione interessata sarà tenuta alla loro osservanza,
subordinatamente alla revisione delle relative risorse. Tuttavia, l’attribuzione di risorse non è basata
sull’individuazione dei bisogni standard, come prevedono le recenti disposizioni in materia di autonomia
finanziaria degli enti locali, ma sulla spesa storica con la conseguente deresponsabilizzazione dei livelli
di governo. Se poi il federalismo differenziato non raggiungesse gli scopi prefissati, le modifiche saranno
possibili solo se entrambi i partner, governo e Regione, sono d’accordo nel riformarli. Ciascuna Regione
potrebbe, quindi, chiedere quali materie gestire. Non saremo più dinanzi a delega di funzioni del vecchio
D.p.r. N. 616/1977, in cui lo Stato delegava funzioni e poteri ma di veri e propri trasferimenti di poteri.
Dunque, la domanda è non sarebbe più utile pensare ad una formula reversibile e non irreversibile?
Avv. Luigi Ferrara
Avv. Luigi Ferrara