Corte Costituzionale, Sentenza n. 160 del 3.10.2024, abrogazione art. 7, co. 3 L. 47/85. Incidenza art. 31, co. 3, periodo primo e secondo TUE.

Sussiste attualmente un vuoto normativo per quello che concerne l’acquisizione dei beni abusivi al patrimonio comunale. In effetti, il 3 ottobre 2024, il Giudice delle Leggi ha dichiarato illegittimo l’art. 7 co. 3, L. 47/1985, che regolava le acquisizioni degli immobili abusivi al patrimonio comunale, di conseguenza si ha l’abrogazione parziale, riflessa, dell’art. 31, co. 3, periodo primo e secondo del TUE, ciò che determina un vuoto legislativo nella normativa di settore per quello che riguarda le acquisizioni. Ora spetta al legislatore intervenire nuovamente nella materia al fine di colmare tale vuoto. L’illegittimità Costituzionale è stata avvalorata proprio a seguito della normativa comunitaria sulla tutela della proprietà privata di cui all’art. 1, del Protocollo Addizionale della CEDU.

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Corte Costituzionale, Sentenza n. 160 del 3.10.2024.

Edilizia e urbanistica – Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione - Inottemperanza - Acquisizione gratuita - Atto di accertamento – Trascrizione - Diritti reali di garanzia - Ipoteca - Estinzione automatica - Crediti - Anteriorità - Creditore non responsabile dell'abuso – Incostituzionalità. 

Con ordinanza dell’8 gennaio 2024, iscritta al n. 26 del registro ordinanze 2024, la Corte di cassazione, sezioni unite civili, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive) e dell’art. 31, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)», per violazione degli artt. 3, 24, 42 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nella parte in cui «non prevedono – in caso di iscrizione di ipoteca giudiziale su un terreno sul quale sia stato costruito un immobile abusivo, immobile gratuitamente acquisito al patrimonio del comune – la permanenza dell’ipoteca sul terreno a garanzia del creditore ipotecario».

La sentenza in oggetto affronta la legittimità costituzionale di alcune disposizioni relative al controllo dell’attività urbanistico-edilizia e alla sanatoria delle opere abusive, in particolare l’art. 7, comma 3, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e l’art. 31, comma 3, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. La Corte di Cassazione ha sollevato dubbi circa la compatibilità di queste norme con la Costituzione, sostenendo che esse non garantiscono ai creditori ipotecari una protezione adeguata in caso di acquisizione al patrimonio comunale di un immobile abusivo. 

Secondo la Corte, a seguito dell'acquisizione del bene da parte del Comune, l'ipoteca sul terreno viene estinta, compromettendo i diritti dei creditori non coinvolti nel procedimento di acquisizione e non responsabili dell'abuso. Questo meccanismo viene ritenuto irragionevole e lesivo del diritto di difesa e delle garanzie patrimoniali sancite dalla Costituzione. 

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno deciso di promuovere una questione di legittimità costituzionale, non ritenendo possibile un'interpretazione delle norme in questione che salvaguardi i diritti dei creditori ipotecari senza sacrifici ingiustificati. La Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata dall'Avvocatura dello Stato, ha invece sostenuto l’inammissibilità della questione, ritenendo corretta la normativa contestata. 

Il caso specifico riguardava una società che, dopo aver ottenuto un’ipoteca su un terreno con un immobile abusivo, ha visto respinta la sua richiesta di vendita del bene. Il Tribunale di Agrigento aveva dichiarato l’esecuzione forzata improcedibile poiché il bene era stato acquisito dal Comune, con conseguente estinzione dell’ipoteca. 

La Corte di Cassazione ha confermato l’orientamento giurisprudenziale consolidato, ma ha sollevato la questione di costituzionalità, ritenendo che le norme potrebbero violare i principi di ragionevolezza (art. 3), di tutela del diritto alla difesa (art. 24), di proprietà privata (art. 42) e il rispetto dei beni (art. 117 in relazione al Protocollo Addizionale della CEDU). 

La difesa dello Stato ha sollevato un'eccezione di inammissibilità, sostenendo che la confisca amministrativa comporta un acquisto a titolo originario da parte del comune, eliminando ogni diritto reale, inclusa l'ipoteca, sull'immobile e sul terreno confiscati. Secondo l'Avvocatura, la permanenza delle garanzie reali sarebbe incompatibile con il principio "simul stabunt, simul cadent" (ossia, se cessa il diritto di proprietà, cessa anche l'ipoteca). La Corte, tuttavia, respinge tale eccezione, affermando che la sorte dei diritti reali minori, come l'ipoteca, dipende dalla regolamentazione legislativa e non dalla natura dell'acquisto originario. La Corte evidenzia che, in alcuni casi (come l'usucapione), i diritti reali possono essere preservati nonostante l'acquisto originario della proprietà. 

La Corte conclude che le Sezioni Unite hanno argomentato in modo plausibile nel sollevare la questione di legittimità costituzionale delle norme che non prevedono la permanenza dell'ipoteca su un terreno acquisito dal comune a seguito di abuso edilizio. Rigettata l'eccezione di inammissibilità, la Corte riconosce che l'articolo 7, terzo comma, della legge n. 47 del 1985 è applicabile al caso in esame e prosegue nell'esame del merito della questione di costituzionalità. 

Il passo che hai riportato si focalizza sul tema dell'irragionevolezza del sacrificio imposto al creditore ipotecario non responsabile di un abuso edilizio, in relazione agli articoli 3, 24 e 42 della Costituzione italiana. 

Nella prima parte, si evidenzia come l'ipoteca rappresenti una garanzia reale che gode di una particolare protezione nell'ordinamento giuridico italiano, grazie alla sua accessorietà al credito. Viene spiegato che l'ipoteca concede al creditore vari diritti, come lo ius sequela e, lo ius distrahendi e lo ius praelationis, che permettono al creditore di agire contro i terzi acquirenti, espropriare i beni e soddisfare il proprio credito con priorità. 

Tuttavia, la confisca edilizia, una sanzione che si applica per la mancata demolizione di immobili abusivi, può determinare l'estinzione automatica dell'ipoteca, anche se il creditore non è responsabile dell'abuso. La Corte Costituzionale, in più occasioni, ha sottolineato che l'irragionevolezza di una simile norma risiede nel fatto che il creditore ipotecario subirebbe le conseguenze di un illecito a cui è estraneo, poiché non è tenuto né responsabile per la demolizione. 

Inoltre, la disciplina non prevede eccezioni neppure per chi ha acquisito l'ipoteca prima della realizzazione dell'abuso edilizio. Il passaggio evidenzia, pertanto, come questa norma violi il diritto del creditore alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) e alla proprietà (art. 42 Cost.). 

Questa decisione della Corte Costituzionale si concentra su due principali aspetti legati al diritto di ipoteca e alla disciplina edilizia. 

1. Illegittimità costituzionale dell’art. 7, terzo comma, della legge n. 47 del 1985: La Corte ha dichiarato l'illegittimità di questa norma nella parte in cui non salvaguarda il diritto di ipoteca iscritto a favore di un creditore che non è responsabile dell'abuso edilizio. In altre parole, quando un creditore ha un’ipoteca su un immobile, non può perdere tale diritto se l’abuso edilizio è stato commesso dal proprietario o da altre parti, a patto che l'ipoteca sia stata iscritta prima dell'accertamento della violazione e dell'ingiunzione a demolire. 

2. Inammissibilità delle questioni relative all’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001: Le questioni sollevate dalla Corte di Cassazione relative a questa norma, in riferimento agli articoli 3, 24, 42 e 117 della Costituzione (anche in relazione al Protocollo Addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo), sono state dichiarate inammissibili. La Corte non ha ritenuto tali questioni sufficientemente fondate per giustificare un intervento. 

3. Illegittimità costituzionale in via consequenziale dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001: La Corte ha dichiarato incostituzionale anche parte di questo articolo, analogamente alla prima decisione, nella parte in cui non salvaguarda il diritto di ipoteca iscritto in favore di un creditore non responsabile dell’abuso edilizio. Di nuovo, viene tutelato il diritto del creditore che aveva iscritto ipoteca prima dell’accertamento della violazione edilizia.

In conclusione, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 3, della legge n. 47 del 1985 e, in via consequenziale, dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, nella parte in cui non salvaguardano il diritto di ipoteca a favore dei creditori non responsabili dell’abuso edilizio, se l’ipoteca è stata iscritta prima dell’accertamento dell’abuso.