Ru 486 “licenza di uccidere”.

La libertà è davvero sganciata dal tema etico?

La risposta, ovviamente, è no. Non servono formule morali o etiche per riconoscere la violazione della vita perpetrata dalla società attuale. Basti scorrere un breve elenco di norme, senza dover andare troppo lontano nel tempo, che i nostri predecessori hanno emanato, mossi da ragione e valori più elevati.

Prendiamo ad esempio due situazioni significative:
a) Durante la Grande Guerra, l'uomo giunse a considerare la morte come giustificata per punire coloro che non si conformavano al volere del dittatore; la morte per fucilazione o impiccagione divenne uno strumento accettato per silenziare gli oppositori del regime.
b) Il sacrificio di chi ha liberato il mondo da tale stato di cose ha portato, nel dicembre del 1948, all’emanazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, con l’intento di tutelare la vita, la libertà e la sicurezza di ogni individuo contro chi violerebbe questi principi per scopi egoistici. L’aggettivo “egoistico” non è di poco conto e lo riprenderemo in seguito.

Esaminando, dunque, l'articolo 3 della Dichiarazione citata, leggiamo: “… Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”. All'articolo 22 si afferma: “Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale…”. Inoltre, l'articolo 1 del Codice Civile italiano stabilisce che: "... la capacità giuridica si acquista dalla nascita", ma ciò non implica che al nascituro non debbano essere riconosciuti diritti, essendo indubbiamente una vita umana in formazione. A questo proposito, è stato emanato uno statuto giuridico del concepito, di primaria importanza. Anche se il nascituro non può essere considerato “persona” in senso statico, è pur vero che deve essere considerato un “soggetto” (si prenda il caso della donna incinta che in un incidente perde il bambino. In Italia, in caso di morte del nascituro, i genitori hanno diritto a chiedere un risarcimento per il danno non patrimoniale, che comprende la sofferenza e il lutto. In particolare, i genitori possono richiedere un risarcimento per il danno da perdita di chances, ossia per le opportunità che il bambino avrebbe potuto avere. Inoltre, anche i familiari più stretti possono avanzare richiesta di risarcimento per il danno morale e per la sofferenza psicologica derivante dalla perdita). È evidente, come il nascituro è già considerata una persona. La migliore dottrina, sostiene appunto, che il nascituro ha “la speranza di divenire persona” e, pertanto, può essere tutelato come manifestazione della persona intesa dinamicamente, ossia come “tutela della vita nascente”. In ogni caso, un diritto che esclude la tutela della vita del nascituro è comunque contrario al diritto alla vita cristallizzato nell'art. 2 della nostra Costituzione.

D’altro canto, significativi progressi sono stati fatti con la legge 40 del 2004, che all’articolo 1, afferma: “Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o infertilità umana, è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”. La normativa, espressamente, include il concepito tra i “soggetti”. 

Tuttavia, tale locuzione non risolve la questione della configurabilità del concepito – e dell’embrione – come “persona umana”. Che venga inteso come soggetto o come persona, è indubbio che al concepito debba essere riconosciuto il diritto a nascere sano, con tutela anche nella fase intrauterina, a prescindere dall’esistenza di condizioni (conditio sine qua non, però, per esercitare il diritto stesso).

La legge 22 maggio 1978, n. 194, pur voluta da forti spinte liberiste, riconosce un grande valore alla tutela della vita, stabilendo che lo Stato garantisca il diritto alla procreazione consapevole e responsabile, valorizzando la maternità e tutelando la vita umana fin dal suo inizio. L’articolo 1 nega, altresì, che tale disposizione possa essere considerata “un mezzo per il controllo delle nascite”, affermando all’articolo 2 che i consultori familiari hanno un ruolo ben più ampio dell’informazione, garantendo l’attuazione della scelta attraverso strumenti efficaci e sicuri.
Il legislatore, quindi, riconosce la vita di un piccolissimo essere in formazione, che è comunque una vita.

Dal punto di vista medico, cosa dice la scienza? Come può autorizzarsi l’interruzione di una vita in fase di sviluppo?

Il professor Victor Tambone, bioeticista e docente presso l'Università Campus Biomedico di Roma, risponde a una domanda fondamentale: “L’embrione è un essere umano?”. La risposta è affermativa; l’embrione agisce autonomamente fin dalla sua primordiale formazione. Uno studio ha dimostrato che gli eventi centrali della morfogenesi dell'embrione umano si verificano anche in assenza di interazioni con tessuti materni, a patto che l'embrione si trovi in un ambiente favorevole alla sua sopravvivenza e riceva nutrimento.

In parole semplici, il Professor Tambone afferma che: "l’embrione, sin dai primi giorni dopo il concepimento, cresce e agisce per conservare la propria esistenza autonomamente, senza necessità di stimoli provenienti dall’organismo materno. L’embrione, fin dalla fase iniziale (zigote), mostra una notevole capacità di auto-organizzazione anche in assenza di tessuto materno, cioè in vitro. Questa capacità di rimodellamento è fondamentale, poiché il processo gestionale non è solo un atto della madre, ma un evento vissuto e realizzato da entrambi i genitori".

Le osservazioni scientifiche confermano che lo zigote è “uno” (come unità morfo-funzionale); è un “essere vivente” e, interpretando la sua capacità di auto-organizzazione in chiave aristotelica, è un atto perfettivo, tipico dell’essere vivente.

Tornando al tema centrale, è opportuno non trascurare la questione morale, poiché ciò potrebbe attirare critiche dai sostenitori di una libertà assoluta. Attraverso queste coordinate scientifiche ed ermeneutiche, possiamo dire che, l’aborto farmacologico, attraverso l’assunzione della pillola RU486, comporta la somministrazione dell’ormone mifepristone, il quale bloccando gli effetti del progesterone, causa il distacco dell’embrione dall’utero. La seconda pillola, a base di prostaglandine, stimola le contrazioni uterine, facilitando l’espulsione dei tessuti in via di sviluppo. L’aborto si completa entro due giorni, portando l’interruzione della vita di un essere vivente in formazione.

In questo contesto, non può che viene meno il concetto di sicurezza enunciato nell’articolo 22 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Un essere umano in formazione deve essere ugualmente tutelato; in mancanza di questa tutela, si commette un delitto.

Le libertà, come oggi vengono intese, non possono ridursi a soddisfare i propri desideri egoistici di una persona che gestisce una gravidanza indesiderata. Fino a pochi decenni fa, la maggior parte degli studenti e della gente non abbracciava completamente la visione radicale prevalente nei campus universitari. I sostenitori della democrazia liberale dovrebbero ricordare che i grandi liberali del dopoguerra hanno affermato, in modi diversi, che gli individui devono avere la forza di resistere all’oppressione dei gruppi dominanti, cosa che oggi non accade nei confronti delle potenti lobby delle case farmaceutiche e degli interessi economici che vogliono trasformare i cittadini in consumatori.

Come ha sottolineato Papa Ratzinger, “lo Stato è importante, si deve ubbidire alle leggi, ma non è l’ultimo potere”. La distinzione tra Stato e realtà divina crea uno spazio di libertà in cui una persona può anche opporsi allo Stato. Se lo Stato desidera che vengano eliminati i bambini non ancora nati, la questione della libertà deve essere affrontata con urgenza.

Un classico esempio filosofico afferma che anche in un ordinamento democratico la libertà va controllata: l'es. è: "dieci cannibali votano per stabilire di mangiare l’ultimo tra loro, se nove di essi hanno votato per porre fine alla sua vita, questo sarà soppresso. 

Ciò che Dio afferma: "puoi scegliere di uccidere, ma io non lo approverò mai”.

Avv. Luigi Ferrara